Tuttora ci sono limitazioni alle notizie sui media in molti paesi. In Cina ad esempio è stato costruito un internet nazionale, in tutto e per tutto simile al resto della rete. Ma separato. All’interno gli internauti cinesi si muovono come i loro colleghi nel resto del mondo. L’ambiente è caotico, ci sono blog, chat e informazioni. Si può giocare, vedere film, ascoltare musica e fare shopping. Ma a guardia dell’intero traffico ci sono paternalistici censori che giudicano, secondo le direttive del Partito, su cosa è giusto discutere e quali sono i social e le applicazioni che rispettano le (loro) regole.
In Russia invece Youtube è accessibile, ma per aumentare la visibilità dei contenuti, è consigliabile espanderlo anche a piattaforme locali come Rutube e Smotri e Facebook è in stretta competizione con Vkontakte, e Odnoklassiniki, che hanno delle funzionalità di sharing per film e mp3 che a Facebook mancano. In questo modo, anche senza censura, Mosca distoglie l’attenzione dal mondo esterno alla Federazione Russa.
L’informazione ed in particolare il controllo dei flussi da essa derivante ha una notevole importanza strategica. Spesso consente un controllo sia economico che politico di intere regioni geografiche. Si può facilmente spiegare il perché i Paesi più ricchi del mondo detengano in modo quasi esclusivo sia le fonti tecnologiche che i mezzi di comunicazione. I mezzi informatici sono legati totalmente ai Paesi sviluppati. Nei Paesi del cosiddetto Terzo mondo vi sono meno di 100 tv ogni mille abitanti, a differenza dei 494 in Italia e dei 731 in Giappone.
I Paesi poveri hanno poche reti nazionali e molto spesso ascoltano le trasmissioni provenienti dai canali televisivi dei Paesi più sviluppati. Ciò porta al cosiddetto “shock culturale”, causato da questo brusco contrasto tra la loro realtà di vita e quella dei Paesi più ricchi. Nei casi estremi vi è una vera e propria miticizzazione da parte di queste nazioni verso i Paesi ricchi che ha portato anche a flussi migratori verso supposte “terre dell’oro”